Paraplegia: ricollegare le gambe al cervello grazie alla neurotecnologia
Alcuni ricercatori svizzeri ridanno speranza alle persone paraplegiche: con le loro ricerche hanno infatti sviluppato soluzioni rivoluzionarie che permettono alle persone che hanno subito una lesione del midollo spinale di tornare a camminare da sole. Per la prima volta, due scienziati svizzeri hanno ristabilito il collegamento tra il cervello e le gambe grazie alla neurotecnologia.
Una scoperta rivoluzionaria
STIMO è il nome dello studio che ha permesso a tre paraplegici di tornare a camminare da soli con l’aiuto di stampelle o di un deambulatore. Grégoire Courtine e Jocelyne Bloch, due scienziati svizzeri del Centro ospedaliero universitario vodese e del Politecnico federale di Losanna, hanno condotto alcune ricerche che consentono alle persone che hanno subito lesioni al midollo spinale di controllare nuovamente i muscoli delle gambe grazie a un impianto. Si tratta di una prima mondiale nella storia della scienza.
«Abbiamo prima testato questa tecnologia su animali da laboratorio per individuare le aree da sollecitare e capire come la stimolazione elettrica raggiunge queste zone», spiega il neuroscienziato Gregoire Courtine. «Dopo oltre dieci anni di ricerche siamo riusciti a capire con esattezza in che modo il cervello attiva il midollo spinale. Per la prima volta è stato dimostrato che un topo con una lesione paralizzante può recuperare l’uso volontario degli arti paralizzati. Abbiamo poi ripetuto l’esperimento su un primate. È un risultato rivoluzionario perché questo aspetto non era mai stato dimostrato prima. È proprio la forza di volontà, il voler camminare di nuovo, a far sì che il cervello sviluppi delle vie di comunicazione con la zona lombare danneggiata». Grazie a questi risultati promettenti sugli animali, il team di scienziati è stato autorizzato a condurre uno studio clinico su persone paraplegiche.
Una riconnessione
Per far sì che le gambe possano essere ricollegate al cervello è necessario un intervento chirurgico. Alcuni elettrodi vengono impiantati sopra la lesione nel midollo spinale. «Per noi è molto importante che gli ultimi sei centimetri del midollo spinale siano intatti, perché saranno proprio quei centimetri ad attivare le gambe ed è lì che impiantiamo gli elettrodi», spiega Jocelyne Bloch, la neurochirurga che ha operato i pazienti. «Tuttavia, il trattamento è possibile solo se il sistema neuromuscolare del paziente non è atrofizzato», precisa Grégoire Courtine. Gli elettrodi applicati nella zona lombare inviano stimoli elettrici che rendono possibile una riconnessione con il cervello. L’esperimento è un successo. A fine ottobre un sesto paziente – anch’egli, come gli altri, paraplegico a causa di un incidente – è stato incluso nello studio clinico.
Risultati promettenti
Questo metodo di rieducazione viene ora testato per sei mesi. Nelle prime sessioni di allenamento il paziente indossa un’imbracatura per sostenere il peso del corpo ed è accompagnato da due scienziati del team, che restano accanto a lui. Man mano che la persona progredisce nel suo percorso, aumenta anche la sua autonomia. Gli allenamenti esigono da parte dei pazienti un coinvolgimento fisico e mentale intenso, ma i risultati si vedono. I primi tre pazienti inclusi nello studio sono tornati a camminare da soli con l’aiuto di stampelle o di un deambulatore. «Con il passare dei mesi sono riuscito a riprendere il controllo delle mie gambe e a spostarle, a scegliere dove mettere i piedi e anche a ridurre i supporti, insomma ho riportato progressivamente il mio peso sulle gambe», racconta soddisfatto Sébastien Tobler, uno dei partecipanti allo studio clinico. «Il prossimo obiettivo del progetto è fare in modo che la comunicazione tra il cervello e il midollo spinale sia memorizzata dal corpo del paziente e venga quindi ristabilita naturalmente senza stimolazione elettrica, permettendo alla persona di camminare senza l’aiuto dell’impianto». Grégoire Courtine e Jocelyne Bloch sperano anche che lo studio diventi, in futuro, un trattamento riconosciuto.