Tecnologie svizzere alla caccia di detriti spaziali
Frammenti di razzi, satelliti fuori uso: da quando è stato conquistato dall’uomo, lo spazio è diventato una vera discarica. I milioni di pezzi di detriti in orbita comportano numerosi rischi. Di fronte a questa emergenza, la Svizzera si posiziona all’avanguardia nella rimozione dei rifiuti spaziali.
È un inquinamento invisibile, ma reale. A 2000 chilometri di altezza, lo spazio contiene oltre 7600 tonnellate di oggetti che gravitano nell’orbita terrestre o nelle sue vicinanze. Fra frammenti di razzi e satelliti dismessi, vi sono milioni di pezzi di rifiuti che costituiscono altrettante spade di Damocle sopra le nostre teste. Misurano tra 0,1 mm e 1 m di diametro e viaggiano alla velocità vertiginosa di 50’000 km/h.
In caso di collisione, questi detriti sono capaci di distruggere qualsiasi satellite, causare danni seri alle stazioni orbitali o, se sono di piccole dimensioni, perforare le tute degli astronauti. Mezzo secolo dopo che l’uomo ha messo piede sulla Luna, lo spazio è diventato un’immensa discarica pericolosa. Ormai, i detriti spaziali sono diventati un vero e proprio incubo per gli operatori delle telecomunicazioni e delle agenzie spaziali.
Frammenti pericolosissimi
Dall’inizio della conquista dello spazio alla fine degli anni 1950, i lanci di vettori (test missilistici, satelliti ecc.) sono andati moltiplicandosi e molti di essi, arrivati alla fine del proprio ciclo di vita e «dimenticati», vagano sopra le nostre teste e collidono l’uno con l’altro. Nel 2009, la collisione tra due satelliti, l’uno russo e l’altro americano, si è conclusa con la loro disintegrazione in migliaia di pezzi lanciati a una velocità elevatissima. Le tempeste solari, causa di numerosi guasti tecnici, trasformano dall’oggi al domani vettori perfettamente funzionanti in detriti molto pericolosi.
Sono già ricaduti sulla Terra, per ora senza causare vittime, satelliti con generatori termoelettrici a isotopi (RTG), serbatoi o moduli di lanciatori. Di fronte a questo pericolo, gli attori del settore aerospaziale tengono ormai sotto controllo la nube di detriti, sempre pronti a deviare, in caso di emergenza, le loro installazioni o i loro satelliti minacciati. E gli ingegneri di tutto il mondo, impegnati nella caccia ai detriti, competono fra di loro in ingegno per diventare i futuri netturbini dello spazio.
La tecnologia svizzera al centro dello smantellamento dei rifiuti spaziali
L'Europa è all'avanguardia nel lavoro di disinquinamento dello spazio. Nell’ambito della missione battezzata Remove Debris, ha sviluppato un piccolo satellite munito di un arpione e una rete per la raccolta dei detriti spaziali. È una tecnologia in parte sviluppata in Svizzera. Essendo stato incaricato della fornitura di un sistema di visione, il Centro svizzero di elettronica e microtecnica (CSEM) di Neuchâtel è in effetti uno dei partner scientifici e industriali chiave della missione. L’apparecchio illumina l’oggetto da recuperare e misura con precisione la distanza che lo separa dai rottami. La tecnologia usata permette di ricostruire un’immagine 3D dei detriti situati in prossimità. Concepita in partenariato con Airbus, è basata su un sistema sviluppato presso il CSEM e utilizzato in particolare nel pilotaggio di veicoli terrestri e spaziali autonomi.
A volte si tende a dimenticare che la Svizzera è una nazione spaziale. Membro fondatore dell’ESA, ha partecipato fin dalla prima ora alle attività aerospaziali europee. Ogni anno dà un contributo al budget spaziale europeo pari a 160 milioni di franchi, contributo che però non è soltanto finanziario, bensì consiste soprattutto nel perfezionamento e nella costruzione di sotto-sistemi utilizzati nello spazio. La gamma di prodotti è molto vasta: spazia dalle strutture ai moduli ottici, meccanici ed elettronici passando per gli strumenti scientifici e le attrezzature a terra. L’industria spaziale elvetica comprende in totale più di una ventina di imprese. Nel settore lavorano inoltre una trentina di istituzioni accademiche e di ricerca.
Con Remove Debris, la Svizzera conferma la propria posizione di punta nell’industria spaziale. Nell’aprile del 2018 questo piccolo cubo tecnologico ha avuto il suo volo inaugurale a bordo di un razzo Falcon 9 diretto alla stazione spaziale internazionale ISS. Da qui, il satellite è stato rilasciato nello spazio per recuperare gli oggetti. La missione Remove Debris è andata a buon fine, in quanto nell’ambito di un primo esperimento il piccolo satellite è riuscito a catturare l’oggetto disperso.
Una missione decisiva
Sono stati completati con successo altri due test, fra cui l’ultimo nel marzo del 2019. Ma per Remove Debris resta da superare una quarta tappa, quella decisiva. Prima di concludere la propria missione, il satellite dovrà realizzare un’aerofrenata con l’utilizzo di una vela progettata per aumentare la resistenza aerodinamica: questo assicurerà la sua disorbitazione in circa otto settimane con distruzione finale nell’atmosfera terrestre. Senza la vela, il rientro sulla Terra durerebbe più di due anni e mezzo. In questo modo si evita che Remove Debris diventi l’ennesimo detrito spaziale.
Altri attori svizzeri si distinguono per la loro inventiva, fra cui ClearSpace. Questa giovane impresa, una spin-off del Politecnico federale di Losanna (PFL), ha sviluppato un drone spaziale in grado di catturare detriti per rallentarli e farli consumare durante la caduta nella stratosfera. L’impresa ha già compiuto tre missioni di prova, la prima per recuperare il microsatellite Swisscube, la seconda per conto dell’Agenzia spaziale europea e la terza con OneWeb.
Questo progetto costituito da una rete di circa 600 satelliti di telecomunicazione circolanti su un’orbita terrestre bassa mira a fornire una connessione Internet a banda larga ai privati. Se i testi avranno esito positivo, apriranno la strada all’invio sistematico di droni spazzini per proteggere le future costellazioni di satelliti dai detriti spaziali.