Giochi paralimpici di Pechino: la squadra svizzera punta in alto
Come Théo Gmür, tre volte campione olimpico a PyeongChang, molti atleti e atlete svizzeri hanno buone possibilità di salire sul podio in occasione dei Giochi di Pechino che inizieranno il 4 marzo.
Nel 2018 il vallesano Théo Gmür ha fatto scalpore vincendo ben tre medaglie d’oro nello sci alpino (discesa, super G e gigante) alle Paralimpiadi di PyeongChang, in Corea del Sud. Oggi, alla vigilia dei Giochi di Pechino, il venticinquenne ammette, senza falsa modestia e con l’umorismo che lo contraddistinguono: «Non vado in Cina per mangiare anatra alla pechinese. Dopo l’exploit in Corea non punto solo a entrare nella top 10. È chiaro che ho grandi ambizioni». Dopo un grave infortunio al ginocchio nell’inverno del 2019, lo scorso gennaio, durante i Mondiali di Lillehammer (Norvegia), l’atleta ha dimostrato di essere tornato in piena forma conquistando due medaglie di bronzo. «Questo risultato mi ha tolto un gran peso dal cuore. Ho ricominciato a sciare con la mente libera, senza pensare al ginocchio. Ma nelle ultime stagioni la concorrenza è aumentata. Quattro anni fa eravamo in tre o quattro a lottare per i primi posti. A Pechino i candidati al podio sono almeno otto, tra cui atleti russi e francesi».
A seguito di un edema cerebrale, Gmür è paralizzato dal lato destro del corpo dall’età di due anni. Ma questo non gli ha impedito di confrontarsi con i normodotati, anche grazie al sostegno dei genitori: «Da bambino volevo a tutti i costi seguire mio fratello maggiore Thomas sulle piste. Il confronto con i normodotati mi ha sempre stimolato, l’ho vissuto come un’opportunità di miglioramento. Le difficoltà che ho affrontato mi hanno dato una grande forza mentale».
Dopo i risultati di PyeongChang, il vallesano è improvvisamente finito sotto i riflettori e tutte le emittenti televisive lo hanno voluto come ospite. Un successo inaspettato e travolgente: «Quando sono andato in Corea ero un perfetto sconosciuto, ma al ritorno ero al centro dell’attenzione di tutti. Per me è stato l’inizio di una nuova vita, ho cambiato status. Ho stretto nuovi contatti un po’ dappertutto, ben oltre i confini della Svizzera. Questo riconoscimento mi ha aperto gli occhi sulla fortuna che ho di sciare a questo livello. E ancora oggi è così. Sono molto onorato per tutto quello che mi è successo». Qual è stato il momento più intenso in mezzo a tutta questa frenesia? «Senza dubbio il ritorno al mio paese natale, Haute-Nendaz. Tra le tante persone venute ad accogliermi c’erano tutte e tutti quelli che hanno segnato il mio percorso fin dall’infanzia: la mia baby-sitter, i miei professori, i maestri di sci, il fisioterapista. È stato molto emozionante». Studente della scuola universitaria dello sport di Macolin, il campione si è preso un anno di pausa per prepararsi al meglio alle Paralimpiadi di Pechino.
Della decina di atleti selezionati per questa edizione dei Giochi, cinque sono sciatori alpini come Théo Gmür. Ex responsabile delle nuove leve vallesane, quattro anni fa il trentaseienne Grégory Chambaz ha scelto di diventare allenatore di questa squadra. Una decisione di cui non si è mai pentito: «Non considero questi campioni come disabili, sono atleti al pari di tutti gli altri. Con ognuno di loro bisogna fare un lavoro molto specifico assieme ai medici e ai biomeccanici. È una sfida entusiasmante».
Anche la squadra mista di curling, medaglia d’argento agli ultimi Mondiali in Finlandia, ha buone possibilità di salire sul podio a Pechino. L’unica donna del team, composto anche da quattro uomini, è la cinquantanovenne vallesana Françoise Jaquerot, che ne è la skip. È lei la stratega, è lei a scegliere le tattiche: «Il curling è soprattutto una questione di strategia, come gli scacchi, uno dei miei altri hobby», racconta.
Madre di tre figli di 20, 23 e 24 anni, è sempre stata fan degli sport invernali: «Amo il freddo e il ghiaccio». Da adolescente eccelleva nel pattinaggio di figura. È costretta sulla sedia a rotelle dall’età di vent’anni, quando è stata colpita da una brutta forma di meningite che le ha lesionato il midollo spinale. Ma questo non le ha impedito di continuare a praticare sport ad altissimo livello. Nel 1988, all’età di 25 anni, ha vinto due medaglie d’oro nello sci alle Paralimpiadi di Innsbruck. Ha iniziato tardi a giocare a curling, appena sei anni fa, con il sogno di partecipare a una nuova edizione dei Giochi: «Era una sfida personale e l’ho colta. Penso di poter dire di aver fatto un bel percorso. Quando sono sul ghiaccio, dimentico tutto il resto e mi sento bene». La squadra svizzera è composta dai migliori giocatori di curling del Paese e si riunisce in media ogni due settimane a Briga per allenarsi.
La ventottenne basilese Romy Tschopp sarà la prima atleta di snowboard svizzera a partecipare alle Paralimpiadi. Anche lei ha buone possibilità di salire sul podio, come dimostrano le due medaglie di bronzo conquistate ai Mondiali di Lillehammer lo scorso gennaio. Affetta da spina bifida, una malformazione che si verifica nelle prime quattro settimane di vita uterina, ha sempre vissuto in sedia a rotelle, anche se è in grado di camminare «come un pinguino», come afferma lei stessa sorridendo.
Questa disabilità non le ha mai impedito di praticare sport con i normodotati, in particolare con i suoi fratelli e sorelle. Scarponi speciali le permettono di muoversi sulle piste quasi normalmente. Per rendersene conto basta guardare le splendide foto sul suo profilo Instagram. «Lo snowboard mi dà uno straordinario senso di libertà. Nella vita non voglio concentrarmi su quello che mi manca, ma su quello che ho e che posso fare». Un bel modo di pensare.
Anche l’unico sciatore di fondo svizzero qualificato ai Giochi di Pechino, il grigionese Luca Tavasci, che quattro anni fa aveva già partecipato alle Paralimpiadi di PyeongChang, ha tutte le carte in regola per salire sul podio. Nonostante il coronavirus gli abbia impedito di allenarsi all’inizio della stagione, ai Mondiali di Lillehammer ha conquistato un promettente 12o posto nella gara dei 20 km. L’atleta, nato con una malformazione alla mano sinistra, ha iniziato a praticare lo sci di fondo a 12 anni, non per interesse ma per perdere peso. Già nella prima stagione è riuscito a perdere 12 chili. E ha scoperto una vera e propria passione per la disciplina. Di professione ingegnere civile, oggi Tavasci vive a St. Moritz, ai piedi delle meravigliose piste dell’Engadina, sulle quali si allena quotidianamente.
Proprio come le Olimpiadi che si sono svolte un mese fa, anche questa edizione dei Giochi paralimpici, in programma a inizio marzo, sarà inusuale. Atleti ed atlete vivranno infatti in una bolla, isolati dal resto del mondo, e le gare si svolgeranno senza pubblico. Nonostante ciò, anziché lamentarsi Théo Gmür preferisce vedere il bicchiere mezzo pieno: «Questi "coronagame" ci faranno vivere dall’interno un’esperienza unica, che entrerà nei libri di storia. È un po’ come se stessi partendo per andare sulla luna».
Immagine di copertina: squadra svizzera di para-snowboard a Lillehammer, © Goran Basic/Swiss Paralympic